I Menhir del Salento
Paul Arthur
All'interno della chiesa medievale di S. Maria del Casale a Brindisi, nell'angolo della navata, entrando a destra, e collocata una colonna bizantina in marmo proconneso, sormontata da una croce scolpita in pietra calcarea locale. La colonna, databile al VI secolo, era, in origine, sita nelle campagne, da dove fu successivamente traslata nella chiesa. Nel descrivere i confini della dipendenza monastica di S. Pietro in Bevagna, un documento del 1092 (Regii Neapolitani Archivii Monumenta ed. ac. ill., V, 152) ricorda un «locum ubi est petra signata cum Cruce». Questi sono solo due esempi di croci che dovevano determinare punti di riferimento topografici nelle campagne medievali salentine.
Ora, un esame delle chiese superstiti nel Salento fon- date tra l'eta tardoromana e l'arrivo dei normanni dimostra, piuttosto chiaramente, una sostanziale lacuna di attestazioni tra il VI secolo inoltrato e il x. Questo dato è alquanto inconsueto, se si ricorda che è proprio in questo lasso di tempo che le campagne vengono evangelizzate e che si gettano le basi per una forma insediativa costituita da villaggi o casali che, tra l'altro, segna ancora la geografia umana del territorio. Recenti scavi archeologici in Puglia e altrove dimostrano che alcune chiese potevano essere state costruite in materiali deperibili, quale terra o legno, lasciando ipotizzare che quelle che ci sono pervenute appartengano alla categoria di edifici più monumentali, realizzati in pietra, e, in quanto tali, non rappresentativi della maggioranza delle costruzioni ecclesiastiche esistenti all'epoca.
Ma in una prima fase di evangelizzazione, tra VII e IX secolo, quando la forma di insediamento per villaggio era ancora in fieri e non poteva essere garantito un costante mantenimento di chiese realizzate in materiali deperibili, qualcos'altro doveva servire da richiamo per luoghi sacri, deputati sia a svolgere le messe ed altre funzioni di rito, sia a identificare punti di incontro e scambio fra i contadini.
Sono suggestive le testimonianze della «petra signata cum Cruce» presso S. Pietro in Bevagna e la colonna con croce conservata a S. Maria del Casale, e, se dovessimo cercare di individuare nelle croci in pietra i primitivi luoghi di evangelizzazione, possiamo notare che, nel Salento, esiste tuttora una sostanziale quantità di pietrefitte legate, in un modo 0 nell'altro, alla croce cristiana. Queste pietrefitte sono i famosi menhir salentini, ritenuti da alcuni di eta preistorica. Presumibilmente, la maggior parte risulta più tarda, sia in base alle accurate tecniche di lavorazione che presentano, sia in base ad alcune associazioni archeologiche e toponomastiche.
La gran parte dei menhir salentini è caratterizzata da una pietra verticale, ben squadrata con spigoli netti, alta, di solito, più di due metri e con un foro o perno rettangolare scolpito sulla sommità, posta su di una base di pietra, a volte a gradini.
Molti menhir hanno nomi che ricordano villaggi abbandonati e non: Anfiano, Palanzano, Polisano, Ussano o Vicinanze. Altri si riferiscono esplicitamente alla croce. "La croce caduta" è il nome di un menhir, caduto, appunto, presso il villaggio medievale abbandonato di Quattor Macinarum (Quattro Macine, Giuggianello, Lecce), fondato probabilmente durante il corso dell'VIII secolo. "Crocemuzza" è un menhir diruto, presso Maglie. Altri, ancora, sono identificati da agiotoponimi: S. Angelo, S. Vincenzo, S. Totaro. Le associazioni archeologiche sono varie, ma quasi mai sono di eta anteriore al medioevo. Il menhir S. Paolo a Giurdignano corona una piccola cappella rupestre ed è circondato da tombe medievali. Rinvenimenti presso i menhir di Muro Leccese vengono raccontati dallo storico locale Luigi Maggiulli, che scrisse (1984): «Uno in largo Trice collocato sopra un rialto di monte, scheggiato grossamente col piccone, […] e di fianco alla base si ritrovarono nei passati tempi molti sepolcri scavati nel monte; uno sta nel largo San Pietro anche ficcato nel monte e posteriormente vi hanno collocato una statua colla testa mozza che si trovava nella diruta cappella dedicata a quel santo; uno nel largo S. Antonio ove da lato si dissotterrarono dei sepolcri con scheletri giganteschi», verosimilmente riferendosi a sepolture di eta medievale. Infatti, il menhir in Largo Trice, sul nodo formato dalia congiunzione di tre strade, era posto a poca distanza da S. Marina di Muro Leccese, chiesa di fondazione altomedievale.
Una caratteristica di questi menhir, scolpiti regolar- mente, è la presenza di un foro o perno sulla loro sommità che, chiaramente, serviva ad incastrare un oggetto, probabilmente una croce; i menhir di Diso e di Bitonto sembrano conservare ancora parti delle braccia della croce scolpita integralmente al resto del blocco di calcare originale. Sul menhir a Gemini (Ugento, Lecce), invece, una croce in pietra, rimovibile, è ancora in posizione sulla sommità, anche se in questo esemplare non compare l'incastro.
La stessa usanza di collocare croci in pietra su pietrefitte, anche per mezzo di un incastro, si può ancora vedere presso gli high crosses dell'Irlanda, eretti proprio durante l'alto medioevo (Harbison 1992). Infatti, nella Gran Bretagna del primo medioevo, croci di legno o di pietra dovevano essere piuttosto comuni e, apparentemente, a volte, erano precedenti a chiese costruite, spesso prima in legno, e poi in pietra. Un esempio di questa sequenza è stato individuato durante gli scavi del noto villaggio medievale di Wharram Percy, nello Yorkshire. A Jersey, una delle isole della Manica, un menhir fu rinvenuto riadoperato come soglia all'ingresso del priorato di St. Mary. Gli esempi sono tanti. Nel 699 san Willibaldo, che poi ebbe modo di compiere pellegrinaggi attraversando il Mediterraneo, fu consacrato a Dio all'eta di tre anni proprio ai piedi di una croce nello Hampshire. Sembrerebbe che nell'Inghilterra di eta anglosassone i primi cristiani spesso prediligessero essere sepolti presso tali croci, intorno alle quali, poi, si svilupparono le vere e proprie chiese e cimiteri medioevali (Rodwell 1994). Croci monolitiche di eta medievale sono note in varie parti dell'Europa e del Mediterraneo. Anche in Sardegna, per esempio, è attestata l'esistenza di una certa quantità di simili monumenti, e non è esclusa la presenza in altri luoghi di alte croci di legno, ormai scomparse (Casartelli Novelli 1990).
Giurdignano, menhir. (foto P. Arthur)
High Cross irlandese presso Monasterboice, Irlanda. (foto P. Arthur)
Per ritornare nel Salento, possiamo proporre, come ipotesi da verificare, l'identificazione di alcuni menhir come croci tese ad indicare luoghi sacri nelle campagne di eta alto medioevale, piuttosto che di menhir preistorici successivamente cristianizzati. In seguito al collasso economico e politico dell'Italia nel corso del VI secolo, era diventato sempre più arduo per le istituzioni statali ed ecclesiastiche investire in nuove costruzioni. Anche nel monumentale Foro Romano, l'ultima costruzione di età classica viene spesso individuata nella colonna solitaria dell'imperatore bizantino Foca (602-610). Come a Roma, anche nel Salento l'investimento in costruzioni in pietra doveva essere assai limitato, e, per più di un paio di secoli dopo la prima meta del VI, non si conoscerà l'edificazione di nuovi edifici ecclesiastici. L'evangelizzazione delle campagne, invece, e andata avanti, tant’è che quando ricompaiono le fonti scritte, in eta normanna, il territorio risulta già in possesso di un suo assetto ecclesiastico, basato su diocesi e parrocchie, nonché di una fitta rete insediativa. La costituzione di un territorio cristiano e la fondazione di innumerevoli villaggi o casali con le loro esigenze cultuali e religiose non poteva prescindere dall'individuazione, consacrazione e riconoscimento di luoghi deputati alle funzioni di cui era garante la Chiesa. In un primo momento organizzativo, questi luoghi potevano essere stati identificati con semplici croci, in pietra e forse anche in legno, dove i fedeli potevano radunarsi nei giorni e nei momenti in cui si svolgevano le funzioni sacre. A livello archeologico invero, e assai difficile riconoscere le cerimonie legate al battesimo, al matrimonio, e alle feste religiose, mentre e ben più semplice riconoscere lo spazio della morte. In tal veste, la Chiesa sembra essere presente presso i menhir salentini, con i vari esempi di sepolture medioevali rinvenute in loro stretta associazione.
Si potrebbe immaginare il prelato che ordina la consacrazione di un luogo e il posizionamento di una croce in pietra, prefabbricata forse in qualche bottega specializzata alle dipendenze della diocesi. Si possono immaginare, poi, i sacerdoti che eseguono le loro visite pastorali, spostandosi, con i loro altari portatili, da una croce all'altra, secondo un calendario religioso. Si potrebbe immaginare, inoltre, l'effetto coercitivo sulle popolazioni rustiche di questi luoghi signati cum Cruce che, col passare del tempo, catalizzano anche l'insediamento. Ed infine, con la crescita economica del territorio verso l'anno Mille, si potrebbe immaginare come le ormai vecchie ed anacronistiche croci monolitiche vengano sostituite con delle vere e proprie chiese ormai dotate di tutto l'apparato liturgico necessario per le funzioni religiose.
Prof. Paul Arthur,
Presidente della Società degli Archeologi Medievisti Italiani (SAMI)
Dipartimento di Beni Culturali,
Università del Salento.
Da Puglia preromanica.
Dal V secolo agli inizi dellXI.
Jack book 2004